Classe 1985, nato a Roma e laureato in Biotecnologie Mediche Applicate con PhD in ricerca di Farmaci e malattie genetiche rare pediatriche, DamianoSergio è un artista vero, poliedrico, geniale e trasversale. Autore del romanzo “SWITCH” e corista dal 2009, Damiano Sergio Massaro aka DamianoSergio ha iniziato una carriera da solista nel 2021 grazie all’etichetta discografica Strakton Records con sede a Roma e Londra. Il suo produttore in ambito musicale è Federico Kay mentre Valerio Trimboli è il suo fidato manager. DamianoSergio ha tre tre singoli all’attivo (“Come Sembra”, “Tropicale” e l’ultimo, in ordine di tempo, “Parole e Pallottole”), presenti su tutte le piattaforme musicali. Ha anche un album la cui pubblicazione è prevista per la prossima primavera.
DamianoSergio, hai un background accademico molto interessante in biotecnologie mediche. Come hai fatto la transizione dalla ricerca scientifica al mondo dell’arte e della musica?
“Non è mai stata una vera e propria transizione. La scienza è da sempre un mondo nel quale tutto risulta logico e lineare, definito e chiarito da teoremi e leggi chimico fisiche insindacabili. Diciamo che lì trovo un rifugio sicuro dall’instabilità e la volubilità dell’uomo, dei sentimenti e dalla fragilità della vita in generale. Riguardo l’arte, ci sono stato immerso praticamente sin da piccolo grazie ai miei genitori: da mia madre che mi portava a vedere mostre di Salvador Dalì alle quali rimanevo incantato davanti a Swans Reflecting Elefants, a mio padre con cui passavo le serate tra sale prove e studi di registrazione con i sui gruppi e cantautori per i quali curava arrangiamenti alle tastiere”.
Il tuo romanzo, “SWITCH”, ha ricevuto ottime recensioni? Qual è stata la tua fonte di ispirazione principale per questa storia? Il romanzo ha dei legami con la musica?
“Direi che il romanzo ha ottenuto sempre ottimi riscontri, è un film di parole, una ripresa di uno spaccato della mia vita per accorciare le distanze tra me e chi crede che ci sia molta differenza tra uomo, donna, gay, nero, bianco, titolato o artigiano, è stato un modo per raccontare al mondo come le anime, al di là dei corpi e di ciò in cui ci identifichiamo, come lavoro o ruolo sociale, possano essere simili e più vicini di ciò che immaginiamo. Il romanzo ha molti legami con la musica. Innanzitutto, descrivo un profilo dettagliato dei gusti musicali dei due protagonisti, scrivendo spesso che canzone stanno ascoltando nel loro iPod o a l’autoradio. In più, il protagonista, Riccardo, è il Vocal Lead di cover band che ripropone radio hit riarrangiate in chiave pop rock melodico. Un po’ quello che facevo io i primi anni dell’università”.
Come è nata la tua passione per la musica e quali sono stati i momenti chiave che ti hanno spinto a intraprendere una carriera da solista?
“La mia non è solo passione per la musica. Mi sento parte di essa, quando la ascolto, la eseguo o la scrivo. I momenti chiave sono sicuramente i ricordi di mio padre che ogni momento libero lo dedicava a suonare o scrivere. Credo fortemente che i suoni che produciamo con strumenti o con la voce siano l’espressione immediata del nostro sentire e restituire a chi ascolta. Dopo anni da corista in cui cercavo di dire e raccontare con la mia voce nascosta tra almeno altre 20 è semplicemente arrivata la maturità e la consapevolezza di voler dire e raccontare da solo”.
I tuoi singoli, “Come Sembra”, “Tropicale” e “Parole e Pallottole”, hanno stili musicali diversi. Qual è il processo creativo dietro la tua musica e come scegli i tuoi temi?
“Come primi brani e primo album c’è sicuramente una forte componente sperimentale che mi spinge a provare e variare la modalità di espressione in riferimento al genere. Mentre per quello che riguarda i temi, sto lasciando che la mia vita, di volta in volta, contamini e caratterizzi il sentire di quei momenti in cui mi metto a scrivere. Può essere quindi un’esperienza vissuta con i miei amici o una parola detta da uno sconosciuto in strada o magari una chiacchierata intensa con una persona cara. Il mio produttore, Federico Kay, subentra come scalpello di finitura, dando un taglio molto più chiaro e nitido a ciò che avevo improntato, contribuendo a rendere parole e musica armoniose ed efficaci nello stile e nell’intenzione”.
Parlando del tuo prossimo album in uscita, quali sono gli elementi chiave che i tuoi fan possono aspettarsi da questo nuovo lavoro?
“L’elemento chiave di questo album è, come molte delle mie attività artistiche, ‘dicotomico’, passiamo da temi intensi e sentimentali della vita e della ricerca di un senso negli eventi o nelle persone, alla leggerezza nell’affermazione di se stessi, ricerca della libertà e di spensieratezza”.
Come descriveresti il tuo rapporto con il produttore Federico Kay e in che modo ha influenzato il tuo stile musicale?
“Federico Kay ha una cultura musicale sconfinata, è quindi super avvincente il suo modo di ricercare sperimentare e provare sempre nuovi suoni, armonie e utilizzo di parole. È proprio grazie a questa memoria storica della musica italiana ed internazionale che riusciamo a fare quella che chiamo ‘magia’, ci mettiamo lì e in poche ore, se funziona, escono suoni e parole che iniziano a fondersi e poi si lui rifinisce il taglio maggiormente efficace per far arrivare ciò di cui sto cantando”.
Essendo un artista poliedrico, come bilanci la tua passione per la musica con altri interessi o progetti artistici?
“La musica ha la priorità assoluta, anche se effettivamente sono urgenze emotive quelle che mi spingono verso un’arte piuttosto che un’altra. Ci sono alcune emozioni che in determinati momenti possono essere maggiormente metabolizzate e veicolate con la pittura, piuttosto che la sola scrittura. Di sicuro la musica è l’arte che maggiormente aiuta nelle espressioni di qualsiasi stato d’animo o messaggio”.
Che ruolo ha avuto la tua formazione scientifica nel plasmare la tua visione artistica e creativa?
“La scienza è il mio capo saldo, la mia ancora, mi aiuta a rendere semplici e risposte domande esistenziali più profonde e complesse, quelle che se fossero affrontate con il solo cuore e la sola emotività, o non troverebbero risposta o finirebbero per schiacciarti. Pensare che siamo solo un mucchio di cellule connesse chimicamente e governate dal DNA a volte alleggerisce la percezione che si ha del mondo e dell’agire degli esseri umani”.
Ci puoi raccontare di un momento significativo o una sfida che hai affrontato durante la tua transizione dall’accademia al mondo dell’intrattenimento?
“Il momento sicuramente più significative è quello in cui ho conosciuto Valerio, Federico e lo staff Strakton; la proposta di intraprende una carriera solista è significato uscire letteralmente da coro, smettere di scrivere solo in camera o dipingere in solitudine nella notte, ma cantare e proporre soprattutto live i miei brani. Questa è stata forse la mia sfida più grande, vivere da ascoltatore il prodotto del mio lavoro mentre mi ascoltano e mentre lo eseguo”.
Come ti immagini il tuo percorso artistico nei prossimi anni e ci sono obiettivi specifici che vorresti raggiungere?
“Lo immagino fatto di tanti live e soddisfazioni nell’incontrare musicisti e pubblico che comprenderanno e condivideranno con me i messaggi che racconto nelle mie canzoni. Sicuramente il sogno è un grande palco e delle grandi collaborazioni con grandi artisti del panorama della musica Italiana, una a caso, Elisa la mia artista preferita”.
Puoi raccontarci anche della tua ArtGallery?
“Innanzitutto, la pittura l’ho scoperta da piccolino con mia mamma e poi ho iniziato a coltivarla da solo ai tempi dell’Università. La mia HomeGallery è il frutto di anni e anni di sperimentazioni e ricerca di tecniche e colori per identificare un mio stile, un mio genere che ad oggi ha trovato la sua massima espressione in un mix bilanciato di iperrealismo e cubismi/futurismo di soggetti figurativi immersi in atmosfere oniriche e ricche di colori. La tecnica che prediligo è olio su tela ma sperimento spesso e combino talvolta anche l’olio con l’acquarello e l’acrilico, così come installazioni e applicazione di foglia d’oro, frammenti di specchi e stucchi e ceramiche”.
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