È tutto da cantare e ballare il progetto musicale di Ivana Spagna e del dj Paul Jockey su etichetta Workin’ Recordings. L’icona popdance con oltre 11 milioni di dischi venduti e un prestigioso Disco d’Oro alla carriera, dopo il successo di “Clap Your Hands” di Kungs, ispirato alla Italodance degli anni ’80 delle Baby’s Gang, presenta il suo ultimo singolo,“Happy Station”, fuori il 9 febbraio anche con uno splendido video.
Paul Jockey racconta come è nata l’opportunità di collaborare con Ivana Spagna sulla nuova versione contemporanea di “Happy Station” delle Fun Fun. “Dopo il successo di ‘Clap Your Hands’ di Kungs, chiaramente ispirato alla canzone dal titolo “Happy Song” della Baby’s Gang, scritta nell’83 da Ivana Spagna, era idea del suo manager, l’avvocato Ugo Cerruti insieme all’amico e manager di Paul Jockey, Davide Ippolito, di riproporre altri suoi successi degli anni 80. Da qui, l’idea di rifare “Happy Station”.
Qual è stata la tua prima reazione quando ti è stata proposta questa collaborazione?
“Inutile dirti che quel pomeriggio in cui ho ricevuto la telefonata di Davide, nella quale mi proponeva di lavorare su nuovi arrangiamenti per ‘Happy Station’ e che avrei lavorato con un’icona come Ivana Spagna, ho subito accettato e cominciato a lavorare sulla produzione, dalla sera stessa. Così, abbiamo cercato di dare un vestito nuovo alla song, con l’idea di rinfrescarla, senza snaturarla.. Arrangiamenti in linea con la tipologia di canzoni che stanno funzionando ora, mantenendo quel sapore vintage che ha sempre contraddistinto l’Italo Disco degli anni ì80”.
Un’esperienza unica lavorare con Spagna. Eravamo in contatto costante con lei.
“Man mano che il pezzo prendeva forma, mandavamo aggiornamenti ad Ivana, ascoltando quelli che erano i suoi feedback. Volevamo che lei fosse entusiasta e soddisfatta di quello che sarebbero stati i nuovi arrangiamenti della song. Uno dei momenti piu belli, è stato durante le registrazione delle parti vocali cantate dai bambini. Lei per impegni altri discografici, non è potuta essere presente, ma seguiva il lavoro in remoto, quindi, per noi, sentire la sua voce entusiasta nei messaggi di complimenti per come stavamo svolgendo il lavoro,era emozionante”.
A livello tecnico, ti piace essere sempre in evoluzione.
“Sono un topo da studio, sempre alla ricerva di innovazioni tecniche per migliorare le mie produzioni. Ovviamente, sono sempre un producer di 49 anni e metto musica nei locali da più di 30 anni, come può questo non influenzare le mie produzioni? Tendo sempre a tornare (anche se in maniera fresca e nuova )al passato e credo che questo, nel lavoro su ‘Happy Station’ abbia giocato a mio favore. A mio avviso, quello che funziona molto della song è il ritornello che ha un fascino molto ‘happy’ con un mood anni 80, ovviamente. Infatti, abbiamo voluto preservare questo mood, chiedendo ad Ivana, di ricantarlo in maniera identica a come lo canto per le Fun Fun nell’83 e poi abbiamo enfatizzato il mondo happy del ritornello stesso, facendo ripetere le parole ‘Station’ ed ‘Happy’ ottenendo un mood ancora più festoso”.
Tre anni fa hai fondato insieme al tuo amico Gianluca Ranieri (alias Gianluca Garden) la Garden Music, l’agenzia musicale con la quale gestite progetti, collaborazioni e artisti.
“Gianluca è uno di quelli che partorisce strategie di promozione e marketing, a cui devo sicuramente molto. Poi da un anno a questa parte, abbiamo siglato un meraviglioso accordo di management con l’amico Davide Ippolito, al quale non posso esimermi di dire grazie, perché si sta prodigando moltissimo per il progetto Paul Jockey e questa collaborazione con Ivana Spagna ne è la prova lampante. Dobbiamo questa collaborazione con Davide e quindi un ringraziamento va anche ad Amerigo Provenzano, amico di vecchia data e collega dj/producer che ci ha presentati”.
Sei cresciuto con tua madre che, pur facendo infermiera di professione, cantava sempre.
“Erano canzoni meravigliose e di quel tempo e spesso, con mio papà, andavano a ballare. Ovvio che potevo solo amare la musica. Poi però all’età di 12 anni, seguendo Jovanotti, mio idolo di quel tempo (lo stimo e lo seguo anche oggi) ho capito che volevo fare musica, essere colui che anima le feste e che mette musica. Da lì a pochi anni ho preso la cosa sul serio. Volevo diventasse il mio lavoro”.
Per avere buoni risultati nella musica cosa bisogna fare?
“Per il 50% dobbiamo essere artisti e per il restante 50% dobbiamo essere imprenditori. I social? Se ritengo di avere dei buoni ideali e nel mio cuore, vorrei che anche altre persone compressero che vivere la vita in un certo modo può renderci più sereni. Sarebbe bello usare la mia musica come mezzo di divulgazione di questo concetto. Oggi i social sono una bella vetrina, danno l’opportunità a chiunque di poterci seguire. Avere consenso dà l’opportunità di espandere questo concetto a un numero di persone sempre più grande”.
Dove inizia l’ego e quando finisce la strumentalizzazione dell’arte?
“Quando si fa arte forse si tiene conto solo di ciò che piace alla stragrande maggioranza del pubblico, tralasciando ciò che vorremmo veramente esternare noi con la nostra, di arte”.
Quali sono i segreti e i tempi per produrre un brano di successo?
“Produciamo quello che ci piace tenendo conto anche che è cosa buona se si tratta di qualcosa in linea con quello che sta funzionando. Buttiamo giù l’idea, e ti bastano anche un paio d’ore, e poi una volta che ci si è convinti che è la direzione giusta, lavorare cercando di fare il nostro meglio. Solitamente per me i tempi variano, dalle due settimane a qualche mese”.
Come sopravvivere in questo momento di sovrappopolazione nell’intrattenimento?
“Bisogna tenere duro, perché questi momenti servono da filtro. Solo chi ha veramente qualcosa da dire con le sue produzioni e lo fa nel modo giusto sopravvive, gli altri finiscono per fare un altro mestiere. Bisogna cercare il giusto equilibrio. Io poi ho la fortuna di produrre moltissimi artisti, posso seguire molti generi. Per quello che facciamo ci vuole cuore e tanta sensibilità”.
Dovremmo ascoltare i giudizi altrui’ Non rischiamo di condizionare la nostra creatività?
“Vanno ascoltati sempre tutti. Ovviamente, parlo di giudizi costruttivi. Chi ti dice ‘non mi paice’ oppure ‘questo tuo nuovo pezzo è brutto’ in fondo non ti dà una motivazione e non ha neanche il diritto di essere considerato”.
È giusto sottolineare l’identità sonora, la riconoscibilità di un artista attraverso il suo suono?
“Sì e non deve essere cosa definitiva e scontata. Spesso è bello anche che un artista faccia altro diversificando per sentirsi maggiormeente stimolato. Motivo per il quale, amo seguire più progetti e avere più pseudonimi”.
Come e dove dovrebbe essere fatta la musica e la formazione di un artista?
“Presente le botteghe del medioevo? Quelle dove il mastro (scontroso e scorbutico) al massimo ti permetteva di restare in un angolo ad osservare il suo lavoro, ma zitto e in silenzio, senza neanche fare domande. Il giovane artista, per crescere, dovrebbe imparare a fare attraverso gli occhi”.
Se sono un artista, come scelgo il produttore che fa per me?
“L’artista è colui che mette il cuore e l’anima nelle sue produzioni e il produttore è quella figura che interpreta l’emozioni dell’artista. Quando produco un artista voglio vederlo a suo agio, solo in quel modo riesco a leggere quello che lui vorrebbe da me. Il produttore non è altro che un tramite, un mezzo che l’artista stesso usa per arrivare a quello che vorrebbe fosse il suo prodotto. Quando il produttore sente che in qualche modo, con una sua idea, potrebbe migliorare il risultato della produzione, dovrebbe riservare e indicare il suo suggerimento. Tuttavia, l’ultima parola spetta all’artista”.
Come mettere in piedi un proprio staff? Quanto conta il lavoro di squadra?
“Selezionando le persone giuste Scegliete bene, con accuratezza. Saranno cruciali i collaboratori. Poi va divisa l’azienda per settori dando la giusta linea direttiva ad ogni settore. Una squadra è fondamentale”.
Pensi che l’intelligenza artificiale sarà deleteria per la produzione musicale?
“Uso diversi software di AI e mi sono molto di aiuto. Spero in futuro che la situazione non degeneri. La mano di un pittore che regge un pennello che dipinge potrà forse un domani essere sostituita da un’AI ma saprà solo riprodurre un paesaggio a livello tecnico. Il cuore, la sensibilità e la passione non albergheranno in una AI”.
Come pensi che il settore della produzione musicale possa evolversi in relazione all’arrivo di nuove tecnologie?
“Produco musica dal 1997, da allora studio continuamente e mi aggiorno. Se vai ad ascoltare quello che producevo negli anni ‘90 e 2000 sicuramente potrà piacerti ma avrà un suono e una precisione a livello tecnico di gran lunga inferiore dalle mie ultime produzioni. Le tecnologie e le innovazioni per il settore della produzione musicale possono solo aiutarci a migliorare ciò che produciamo”.
Dove ci si può realmente spingere, a livello musicale, in fatto di sperimentazione?
“Possiamo spingerci in qualsiasi direzione ed arrivare dove volgiamo. Ma se ciò che produciamo poi non lo ascolta nessuno allora non ha senso. Cerchiamo sempre un compromesso, per dare modo a chiunque di apprezzare quello che volevamo trasmettere con la track che abbiamo prodotto. Non si tratta di volere consensi a tutti i costi ma di avere voglia di condividere realmente la nostra arte, anche con persone che forse non sono ancora pronte a certe cose. Accompagniamoli a capire. L’arte e la musica sono condivisione. Un attore su un palco, da solo, senza il suo pubblico, non ha ragione di esistere”.